Avete visto THE SOCIAL DILEMMA di NETFLIX?.

La pellicola che svela i meccanismi dietro i social network. Mi ha fatto molto riflettere anche se non sono pienamente d’accordo su tutti i risvolti ma credo sia un’ottima visione.

Jeff Orlowski intervista vari colossi della Silicon Valley. Ingegneri, esperti di marketing, programmatori che hanno lavorato per Facebook, Google, Instagram, Pinterest ecc.

Tutte le loro testimonianze cercano di chiarire come l’industria della tecnologia abbia interpretato un dogma ben chiaro ai mercati basati sulla pubblicità: “Se il prodotto non si paga vuol dire che il prodotto sei tu”.

Niente di nuovo. È lo stesso business model usato anche dai vecchi mass media come la televisione. Offrire intrattenimento, tenerti incollato allo schermo più a lungo possibile in modo da vendere la tua attenzione agli inserzionisti… cioè le varie aziende che acquistano gli spazi pubblicitari. 

Basti pensare alla potenza dei tag, dei mi piace, delle condivisioni, le stories che durano solo 24 ore, le notifiche immediate. Conosco bene questi meccanismi perché lavoro in questo campo ormai da anni.

BIG DATA

Quello che è nuovo invece è la raccolta di dati. I social network hanno, attraverso algoritmi complessi, incamerato i nostri dati dal primo giorno in cui ci siamo iscritti. Siamo ormai degli avatar a cui propongono prodotti, servizi e campagne.

“Il vero prodotto è quel cambiamento graduale, sottile e impercettibile nei tuoi comportamenti e nella tua percezione”. Come ha spiegato Shoshana Zuboff, autrice del libro Il capitalismo della sorveglianza è questo il nuovo mercato: un mercato in cui la merce trattata è il futuro degli esseri umani.

MI PIACE

I social fanno tanto leva sulle nostre vite perché ci danno quel senso di aggregazione e soddisfazione.

Uno degli interlocutori di SOCIAL DILEMMA infatti afferma:
«Piacere agli altri, ai membri della nostra tribù, è sempre stato naturale. Ma quando, esattamente, abbiamo sviluppato il bisogno di piacere a migliaia di persone nello stesso momento?»

Le nostre vite sono certo migliorate grazie alla tecnologia, basti pensare allo smart working, le varie scoperte mediche, la connessione ecc., ma il prezzo che stiamo pagando in alcuni casi è molto alto.

Ormai è dimostrato che le dinamiche innescate dai social hanno lo stesso effetto delle droghe. Le piattaforme di social media producono gli stessi circuiti neurali causati dal gioco d’azzardo. Piacere, dipendenza, assuefazione sono conseguenze tangibili, un problema di cui tutti ci rendiamo conto ma che nessuno sembra voler risolvere. Troppi miliardi coinvolti probabilmente? Mi chiedo e ti chiedo?

Non importa se questa ossessione per l’interconnessione ha causato cyberbullismo, e depressione, soprattutto nella Generazione Z, i nati dopo il 1995: negli Stati Uniti, da quando sono nati i social, i ricoveri per ferite autoinflitte e suicidi sono cresciuti esponenzialmente fra i giovanissimi. Come anche gli interventi di chirurgia plastica per somigliare a ideali di bellezza che esistono solo nei filtri dei social.

È una generazione, spiega The Social Dilemma, che ha perso il contatto con la realtà; una generazione isolata nella propria bolla social. Ascoltate quello che dice l’esperto di statistica statunitense Edward Tufte: “Ci sono solo due settori che chiamano il cliente user (utilizzatore): le droghe illegali e i software”.

Tristan Harris, che ha lavorato per Google, ha fatto notare ai vertici della Big-Tech l’enormità di questo problema. Tutto sembra tacere. D’altronde, come dice l’inventore del pulsante “mi piace” intervistato nel documentario: “Noi volevamo solo spargere positività”.

LA PROPAGANDA

La questione dipendenza, che non è certo una cosa da poco, però, si collega direttamente con un altro aspetto oscuro dei social, ossia quello di diventare target di propaganda. Le idee e le posizioni si stanno polarizzando sempre di più. Basta dare uno sguardo ai social in questi giorni per vedere persone prendere posizioni con toni violenti e presuntuosi. 

Amici che litigano e ancor peggio persone che si fanno chiamare ministri del Vangelo perdersi in discorsi beceri. Facebook, così come gli altri social, crea quella filter bubble intorno a noi proponendoci solo contenuti in linea al nostro pensiero. Lo scopo è trattenerci sempre più sulla piattaforma. Più tempo rimaniamo, più dati rilasciamo, più pubblicità vedremo.

Diventa sempre più difficile la comparazione di idee. Non si ricerca più chi la pensa diversamente da noi per confrontarci. Siamo tutti schierati come guerrieri pensano che l’altro è il nemico.

La verità ma assolutamente difesa, ma consideriamo bene se è essa che stiamo difendendo.

LA SOLUZIONE?

Sicuramente i governi dovranno intervenire per limitare la potenza di queste macchine da soldi. Con tutte le buone intenzioni i giganti della tecnologia non riescono più a domare la loro stessa bestia.

Nel frattempo, credo sia necessario un intervento personale per riprenderci la vita. Un detox come lo chiamano alcuni.

Quanto tempo spendiamo sui nostri cellulari? La media italiana è 6 ore al giorno. Tante, tantissime.

Applichiamo delle limitazioni di tempo ai vari social e al cellulare in generale. Eliminiamo le notifiche e le app non necessarie.

Impariamo a rimandare quando stiamo facendo altro.

Insieme con mia moglie stiamo cercando di migliorare in questo. Ci siamo posti dei limiti importanti. Non siamo perfetti ma vogliamo riprendere il controllo sui dispositivi.

Vi consiglio di usare queste due impostazioni, Tempo di Utilizzo per iPhone e Benessere digitale su Android. Scoprirete quanto tempo sprecate sui vostri cellulari.

Un’ottima app è anche Moment. Vi darà tante informazioni tra cui quante volte prendete il cellulare in mano e lo sbloccate. Sarete scioccati.

Sento da tempo nel cuore di scrivere qualcosa a riguardo. Pregate per noi, che Dio ci dia grazia di trovare il tempo e le forze.

Dio ci benedica.
Antono Morra