Amo la storia e le importanti lezioni che possiamo trarre da essa. Ho trattato questo tema già in passato analizzando la risposta di Spurgeon all’epidemia del 1854 e quella pentecostale all’influenza spagnola del 1918.

Questa volta però voglio scavare ancora di più.

I Cristiani iniziano la loro azione prendendo forza dalle parole di Gesù in Luca 6:31: “e come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro” e Matteo 19:19 “ama il tuo prossimo come te stesso”.

I CRISTIANI SI SONO CONTRADDISTINTI

Durante i periodi di peste nell’Impero Romano, i cristiani si sono contraddistinti. Gli storici hanno suggerito che la terribile “peste antonina” del II secolo durata più di 30 anni, che ha probabilmente sterminato un quarto dell’Impero Romano, portò alla diffusione del cristianesimo, perchè i cristiani si prendevano cura dei malati e offrivano una spiegazione teologica dove la peste non era un giudizio diretto di Dio ma il risultato di un’umanità caduta nel peccato e quindi lontana da un Dio amorevole.

Ricordiamo anche la peste di Cipriano (nome che deriva dal vescovo Cipriano di Cartagine che descrisse la pandemia nei suoi scritti). La peste di Cipriano ha contribuito alla crisi del terzo secolo nell’Impero Romano ma ha anche innescato la crescita esplosiva del cristianesimo. 

I sermoni di Cipriano ricordavano ai cristiani di non piangere per le vittime della peste (che sono con il Signore), ma di raddoppiare gli sforzi per prendersi cura dei vivi. Il suo collega Dionisio ha descritto come i cristiani, “Incuranti del pericolo … si sono presi cura dei malati, occupandosi di ogni loro esigenza”.

Un secolo dopo, l’imperatore Giuliano, attivamente pagano, racconta di come “i galilei” (termine che si riferiva ai Cristiani) si sarebbero presi cura anche dei malati non cristiani, mentre lo storico Pontianus racconta come i cristiani si assicurassero che “il bene fosse fatto a tutti”. Il sociologo e demografo religioso Rodney Stark afferma che i tassi di mortalità nelle città con comunità cristiane erano la metà di quelli di altre città.

LUTERO

Il sacrificio ha sempre caratterizzato le comunità Cristiane nella storia. Nel 1527, quando la peste bubbonica colpì Wittenberg, Martin Lutero rifiutò di fuggire dalla città. Lutero rimase servendo i malati. 

Il rifiuto di fuggire è costato la vita alla figlia Elisabetta. Lutero scrisse un trattato: “Se i cristiani debbano fuggire dalla peste”, in cui fornisce una chiara spiegazione della risposta all’epidemia da parte dei Cristiani: moriamo ai nostri posti

“I medici cristiani non possono abbandonare i loro ospedali, i governatori cristiani non possono lasciare i loro distretti, i ministri cristiani non possono abbandonare le loro congregazioni. La peste non scioglie i nostri doveri: li trasforma in croci, sulle quali dobbiamo essere pronti a morire”.

LA NOSTRA RISPOSTA AL CORONAVIRUS

Impariamo dalla storia. La chiesa deve essere sempre in prima linea. Sicuramente vogliamo essere prudenti ma allo stesso tempo non farci bloccare dalla paura. 

Siamo in prima linea per sorreggere coloro che soffrono tramite la preghiera, il sostegno materiale e spirituale.

Siamo chiamati a volte a rischiare per gli altri (non parlo di incoscienza ma della guida dello Spirito Santo in situazioni difficili). 

Non possiamo restare intanati mentre tanti hanno bisogno di mascherine, cibo, farmaci, igienizzanti ecc. Non possiamo avere i nostri scaffali pieni e dimenticarci di chi non ha nulla.

Se ognuno diventa il “custode di suo fratello” sono certo che la curva si abbasserà ancora di più. 

Una domanda nasce spontanea quando analizziamo le caratteristiche della pandemia da COVID-19: “la nostra azione potrebbe portare altre persone ad essere contagiate?”. 

Voglio aggiungere un secondo elemento importante all’approccio cristiano: regole severe. I nostri corpi sono il tempo di Dio e devono essere protetti. Lutero scrivi nel suo saggio: “non dobbiamo ‘tentare Dio’”. 

Lutero elabora il quinto Comandamento (“non uccidere”) suggerendo che non dobbiamo mai mettere in pericolo gli altri per la nostra negligenza o incoscienza. Il saggio di Lutero incoraggia i credenti a obbedire agli ordini di quarantena, a fumigare le loro case e a prendere precauzioni per evitare il diffondersi della malattia.

Seguire le regole è un servizio al prossimo. Vogliamo prenderci cura degli afflitti, il che significa anche non contagiare i sani. I cristiani hanno fondato i primi ospedali in Europa come luoghi igienici per fornire assistenza durante i periodi di peste, nella consapevolezza che la negligenza che ha diffuso ulteriormente la malattia è, in realtà, omicidio.

CHIESA IN PRESENZA

Questo mi spinge a chiarire anche un punto importante: continuiamo ad essere chiesa in presenza. 

No, non sono “ossessionato” dal radunarci in una struttura ma ne vedo la potenza e la necessità.

Il coronavirus lascia ancora respirare oltre il 95 per cento delle sue vittime, ma lascia molti spaventati, ansiosi, isolati e soli.

In una società sempre più atomizzata, il coronavirus sta mutando rapidamente in una pandemia di disperazione. La presenza in chiesa funge da appello sociale e speranza. Abbiamo bisogno del sostegno morale e spirituale del corpo di Cristo.

La scelta cristiana di difendere il culto settimanale in presenza non è, quindi, una fantasia superstiziosa. È una scelta intelligente e razionale per bilanciare i rischi: rinunciamo ad altre attività e libertà per sostenerci a vicenda. 

I Cristiani si sacrificano, non sono estranei al martirio.

Rispettiamo le regole severamente ma senza timore essendo in prima in linea nel sostegno morale e spirituale dei più deboli.

Queste sono le linee guida che hanno guidato i Cristiani attraverso innumerevoli pandemie. Il mondo si è svegliato alla realtà che le pandemie non sono terminate, è tempo che la Chiesa prenda il suo posto nella società.

Questo non è un tempo di riduzione ma di moltiplicazione.

Dio ci benedica.
Antonio Morra


Fonti: BA, FP, HC.