Il seguente articolo è stato scritto dal Dr. Michael Brown. Alcuni mi hanno chiesto una traduzione e contestualizzazione in italiano.

L’articolo è stato originariamente scritto per un pubblico statunitense. In Italia, di solito, non abbiamo i grandi numeri degli Stati Uniti o dei paesi latini, ma a volte la stessa mentalità può svilupparsi anche con meno risorse e meno persone.

Questa mentalità può essere riscontrata sia nelle chiese più tradizionali che in quelle cosiddette più contemporanee. La stessa mentalità la vediamo spesso in coloro che lasciamo predicare o “suonare e cantare” dai nostri pulpiti.

Credo che un buon sinonimo di “cristianesimo delle celebrità” potrebbe essere “cristianesimo del potere”, dove spesso lo status viene usato per essere intoccabili e inarrivabili.

Prego e credo che questo articolo possa essere motivo di grande riflessione per tutti noi.

Buona lettura,
Antonio Morra

LA FINE DEL CRISTIANESIMO DELLE CELEBRITÀ E DEL POTERE

Uno dei punti di forza della nostra cultura americana è che sappiamo come rendere tutto più grande. Una delle debolezze della chiesa americana è che applichiamo questa stessa mentalità ai nostri pastori e leader. Sappiamo come trasformare i servitori in superstar!

Quanto è estraneo questo alla mentalità del Nuovo Testamento, dove essere un leader di spicco significava persecuzione più che popolarità e rifiuto più che riconoscimento.

Nella chiesa primitiva, come leader, era più probabile essere giustiziato che esaltato. Oggi, il ministero è la strada verso la celebrità e il successo.

COME SIAMO CADUTI COSÌ IN BASSO?

Una cosa è avere una piattaforma che raggiunge milioni di persone. Possiamo ringraziare Dio per questo. Altra cosa è diventare una “celebrità cristiana”.

È una cosa è prendersi cura di una mega-chiesa. Questo è un affidamento sacro. Altra cosa è coltivare l’adorazione e l’adulazione del tuo popolo come se tu stesso fossi una superstar. Attenzione! Dio non condividerà la Sua gloria con altri.

I leader superstar prosperano nell’ammirazione e trovano identità nel loro status di celebrità.

Vogliono essere visti e celebrati. Si considerano speciali, superiori agli altri.

La loro immagine è molto curata – prima da loro stessi, poi dalla loro squadra – mentre alle folle adulatrici viene ricordato: “Siete privilegiati ad avere un tale uomo (o donna) di Dio tra voi!”

I leader superstar viaggiano spesso con un grande entourage, non perché tutti i membri dello staff siano necessari per motivi di sicurezza o di servizio ministeriale, ma perché i leader sono dei pezzi grossi e intoccabili. Questo non è forse una forma palese di idolatria?

Chi di noi potrebbe rimanere cristiano e umile in un contesto del genere? E quanto è più facile restare umili quando si viene gettati in prigione dopo aver predicato, piuttosto che essere accolti come un dono di Dio per il mondo e adorati su enormi schermi video.

LA FAMA HA UN PREZZO

Mentre scrivo queste parole non ho in mente una persona specifica, se non predicare prima di tutto a me stesso. Piuttosto, sto parlando di una mentalità e una cultura che produce “ministri VIP”. Questo è tanto antiscritturale quanto pericoloso. Nelle parole di Karla Dial, caporedattrice di Stream.org: “siamo stati fatti per dare adorazione, non per riceverla”.

Come ho scritto nel 1991 nel libro: “Dove è finite la Potenza di Dio”:

“L’ambizione personale deve essere sacrificata sull’altare. La mentalità delle superstar dell’élite ‘unta’ deve essere violentemente inchiodata alla Croce. L’unico modo per salire è scendere, e prima di poter stare in piedi e parlare in pubblico, dobbiamo prostrarci in privato”.

Frank Bartleman, il pastore e giornalista che ha aiutato a diffondere la notizia di Azusa Street, lo ha detto così:

“Il fatto è che quando una persona arriva al punto in cui ama veramente “l’anonimato”, dove non gli importa del pulpito e preferirebbe sedersi nel banco piuttosto che sul palco, allora Dio può sollevarlo e usarlo, e non prima”.

Oggi, l’idea di “amare l’anonimato” sembra superata e fuori moda. Invece, l’auto-promozione è spinta. “Tutti gli occhi su di me!” è lo spirito del tempo, e ha infestato e infettato il corpo di Cristo.

L’evangelista scozzese James Alexander Stewart una volta disse: “Una volta mi fu detto che non sarei mai stato un evangelista molto popolare perché non ‘vendevo sufficientemente la mia personalità’. Che vergogna! Il nostro compito è di magnificare Gesù e non di diffondere le nostre personalità. 

Il dottor Herbert Lockyer, nel sottolineare il pericolo del culto della personalità nella chiesa, dice: “Se un uomo è in qualche modo attraente, benedetto con una personalità affascinante e con il potere di influenzare le moltitudini, quell’uomo viene spesso ricercato piuttosto che il Maestro”.

Che insulto è questo per il nostro Signore, che sa quanto siamo miserabili senza la Sua grazia. E che perversione della realtà. Il migliore di noi – il più unto, il più dotato – è il servo di tutti, riconoscendo pienamente che Lui solo è tutto e noi in noi stessi non siamo nulla.

Questo non significa, ovviamente, che dovremmo disprezzare o denigrare i servi devoti. Al contrario, dovremmo mostrare onore a coloro che servono, come la Parola ci incoraggia a fare (vedi, ad esempio, Romani 13:7; Ebrei 13:17). E in ogni caso, dovremmo apprezzare coloro che lavorano tra noi. Posso dirvi personalmente quanto sia più facile ministrare in luoghi dove le persone ti accolgono a braccia aperte.

Ma in nessun caso i credenti dovrebbero esaltare i loro leader spirituali. Siamo carne e sangue come tutti gli altri, esseri umani caduti che sono stati salvati e trasformati da un Salvatore straordinario.

Questo è ben illustrato dalla storia raccontata sull’asino sul quale Gesù cavalcò entrando a Gerusalemme. Quando l’animale tornò nelle stalle, camminava con un po’ di vanità, facendo chiedere agli altri asini cosa gli fosse preso.

Lui disse: “Non avete sentito tutte quelle persone gridare ‘Osanna’ mentre entravo in città?”

Gli risposero: “Non stavano lodando te. Stavano lodando l’uomo sulla tua schiena!”

Per quanto riguarda noi che siamo leader o che influenziamo un gran numero di persone, custodiamo i nostri cuori attentamente, affinché non bramiamo applausi e riconoscimenti e non desideriamo prosperità e potere. Come Gesù avvertì, “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Luca 14:11).

Forse Paolo potrebbe insegnarci qualcosa. Egli scrisse: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Galati 6:14).

FUOCO RAFFINATORE

Oggi, la chiesa in America è scossa e il fuoco del raffinatore sta purificando il popolo di Dio, dobbiamo imparare ad abbracciare la croce, mettendo a morte il desiderio di status di celebrità. E dobbiamo fare ogni sforzo per puntare tutti gli occhi sull’unico degno di adorazione e lode. Qualsiasi cosa meno di questo è follia spirituale, se non suicidio spirituale.

Se mai ci fosse stato un momento per correggere questo, è ora, poiché il Signore stesso sta dicendo: “Basta!”

Dio Onnipotente sta purificando la Sua Sposa, e questo significa la fine del cristianesimo delle celebrità e del potere!

Che non risorga mai più!

Dr. Michael Brown
Tradotto e adattato da Antonio Morra