Ogni volta che Israele entra in guerra, è inevitabile che i cuori si scuotano e gli occhi si alzino al cielo. In questi momenti drammatici cresce l’urgenza di comprendere: Che cosa sta accadendo? E soprattutto: cosa ci sta dicendo il Signore in mezzo a tutto questo?

Domande profonde iniziano a emergere:

• Questa guerra era già scritta nelle profezie bibliche?

• Siamo vicini al ritorno di Gesù?

• È questa la battaglia di Gog e Magog?

• Sta arrivando Armaghedon?

Queste domande non sono sbagliate. Anzi, è giusto avere discernimento e restare vigili. Ma sarebbe un grave errore fermarsi solo alla dimensione profetica e dimenticare ciò che arde nel cuore di Dio: le persone.

Gesù non è morto per uno schema profetico astratto. È morto per salvare anime, per redimere popoli, per liberare cuori — in Israele, in Iran, in Palestina, in Siria, in Egitto, nel tuo quartiere, nella tua casa.

AL DI LÀ DELLE PROFEZIE, C’È UN’UMANITÀ CHE SOFFRE

Dietro le notizie, dietro i titoli e le analisi geopolitiche, ci sono volti. Volti come quelli dei tuoi figli, dei tuoi amici, della tua famiglia.

Ci sono bambini svegliati dal rumore delle esplosioni, mamme che piangono, padri che non riescono a garantire sicurezza, giovani che sognavano un futuro e oggi sono costretti a imbracciare un fucile o a fuggire.

Sono vite vere. E Dio le vede. E Dio le ama.

Come discepoli di Gesù, il nostro primo istinto non dovrebbe essere quello di calcolare date o confrontare mappe con versetti. Dovremmo inginocchiarci. Dovremmo piangere con chi piange.

Dovremmo gridare: “Signore, venga il tuo regno! Sia fatta la tua volontà, come in cielo così anche in Israele, in Iran e in tutta la terra!”

UN VANGELO CHE AVANZA ANCHE SOTTO LE BOMBE

In mezzo all’oscurità, Dio sta scrivendo storie di speranza.

Là dove sembra impossibile credere, lo Spirito Santo si muove.

In Iran, nonostante persecuzioni feroci, arresti, torture e persino condanne a morte per chi si converte a Cristo, la Chiesa sta crescendo come mai prima d’ora.

Secondo diverse testimonianze, ci sono ormai centinaia di migliaia — forse oltre un milione — di iraniani che hanno incontrato Gesù. Senza vistose chiese. Senza pulpiti. Solo cuori infuocati.

E anche in Israele, sempre più persone iniziano a riconoscere Yeshua come il Messia promesso. Dio non è assente. Dio è all’opera.

La vera domanda allora non è: questa guerra è profetica? La vera domanda è: “Signore, che cosa stai facendo in mezzo a tutto questo? E come vuoi che io risponda?”

VEGLIATE E PREGATE: QUESTO È IL TEMPO

Ora più che mai, la Chiesa deve svegliarsi. Non per alimentare il panico. Non per schierarsi con le ideologie. Ma per intercedere con potenza, per portare il cielo sulla terra.

Pregate per Israele. Pregate per l’Iran. Pregate per i palestinesi. Pregate per gli innocenti. E pregate anche per i persecutori — perché Saulo può ancora diventare Paolo.

Non lasciamoci trascinare solo da ciò che vediamo. Guardiamo oltre. Restiamo radicati nella Parola, spinti dalla compassione, guidati dallo Spirito Santo.

Perché questo non è solo un tempo di guerra. È un tempo di risveglio.

Un tempo in cui Dio sta scuotendo le nazioni per chiamare i suoi figli.
“Sappiano che tu, il cui nome è il SIGNORE, tu solo sei l’Altissimo su tutta la terra” (Salmo 83:18).

Che questo sia il tempo in cui la Chiesa si alza in preghiera, si spezza nell’amore, e si unisce nel grido:

“Maranatha! Vieni Signore Gesù!”
Antonio Morra

Post ispirato da un articolo del Dr. Michael Brown.